Il Lavoro Trasmutatorio del Maestro Segreto: Silenzio e Intuizione
1)
Potentissimo Re Salomone, Vi ringrazio per avermi concesso la parola in una serata così importante per la nostra Camera, che ha l’onore di accogliere il Venerabilissimo e Potentissimo Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico e Accettato, unitamente ai Fratelli che ingemmano l’Oriente e a tutti i Fratelli Scozzesi di ogni Grado presenti, con il lume della loro sapienza muratoria.
I Maestri Segreti, nella loro veste di Iniziati all’Arte Reale, procedono lungo il sentiero simbolico che trova il suo fondamento nella Tradizione esoterica. Essere Iniziati all’Arte Reale significa avvalersi degli insegnamenti Tradizionali per svelare quelle verità nascoste che il sistema simbolico mantiene opportunamente celate e osservare, nella Rettitudine, il culto della Giustizia, della Libertà e soprattutto della Verità.
Al fine di poter adempiere ai compiti propri del ruolo di Levìti che i Maestri Segreti rivestono, è indispensabile lavorare incessantemente al proprio perfezionamento interiore, meditando sui decori del Tempio, sui rituali che in esso prendono vita e sul Significato più autentico delle cose al di là delle realtà sensibili, che è velato (ma non nascosto) da ognuno dei simboli con cui entriamo in contatto.
Tuttavia, questo non è sufficiente.
Il percorso iniziatico seguito dai Maestri Segreti, infatti, non può e non deve avvalersi soltanto dei significati e delle verità parziali che è possibile raggiungere con la Ragione. Al contrario, esso deve seguire la percezione, l’intuizione noetica che trascende la vanità formale delle cose per coglierne il significato più vero. Non si tratta quindi di mettere insieme le molte tessere razionali che compongono il mosaico della conoscenza sensibile, poiché questo significherebbe esplorare esclusivamente la “prigione” mediata dai sensi in cui si trova rinchiuso l’Amleto di Shakespeare. Il vero compito del Maestro Segreto è quello di tendere alla Verità, che può essere raggiunta mediante l’intuizione del Cuore. E, nel realizzare l’Opera, è importante mantenere intatta la consapevolezza del Sé: non ci troviamo a indagare il significato dell’Universo, ma la natura dell’Essere, la vera Natura di noi stessi.
Per poter portare a termine questo importante Viaggio dell’Uomo verso se stesso – il medesimo che Ulisse intraprende nell’Odissea di Omero – abbiamo a disposizione l’insostituibile supporto che ci è offerto dalla via della Tradizione Esoterica. Si tratta di una sorgente sostanzialmente inesauribile di simboli e valori, che ci derivano dal lavoro condotto prima di noi dai molti Fratelli che ci hanno preceduti. Ci è stata trasmessa la più importante eredità conoscitiva che si possa immaginare: la Via che conduce all’Illuminazione.
Tale sentiero non è lastricato di spurî segreti misterici sussurrati all’orecchio, ma della condivisione intuitiva dell’esperienza esoterica di ogni singolo Fratello. Così come non è possibile, infatti, descrivere la natura di un colore a chi non lo possa vedere, è parimenti impossibile trasmettere l’intuizione della Verità a chi non ne abbia di fatto già esperito l’essenza più intima; tuttavia, il percorso è comune, poiché ogni Fratello che cerchi la Luce, permane immobile in se stesso, intuendo in silenzio la natura dell’Essere.
Sono, infatti, Intuizione e Silenzio – Potentissimo – due delle pietre angolari alla base dell’edificio realizzativo dell’Iniziato. Il mondo che ci circonda è una proiezione sensibile del nostro Ego, che impegna i nostri sensi distogliendo l’attenzione dalla Verità. Il primo compito del Maestro Segreto è quello di silenziare il proprio Io individuato, al fine di trovare la giusta via dell’equilibrio armonico con l’Assoluto. In questo consiste la Rettitudine di cui si parla negli Statuti del Rito Scozzese Antico e Accettato.
E proprio nel silenzio iniziatico, che è condizione prima e indispensabile per la Reintegrazione dell’Essere, il Maestro Segreto svolge il proprio individuale lavoro di ricerca, meditando sull’ispirazione che gli deriva dalla Trascendenza e sulla Bellezza che lo circonda. La meditazione su quanto è trascendente consente infatti di intuire quali siano le vie di accesso alle realtà superiori che si identificano in quel principio originario superindividuale che è fondamento della Tradizione Scozzese.
Se attraverso questo complesso – e contemporaneamente semplicissimo – processo di riscoperta noetica della Verità che viene svolto all’interno delle Camere di Perfezione Scozzesi, il Maestro Segreto raggiunge la capacità di armonizzare se stesso con l’Assoluto, il suo stato vibrazionale si modifica, poiché si realizza la vera e propria Opera Trasmutatoria. Mettendosi in contatto con se stesso, con la sua Natura più profonda, il Maestro Segreto ritorna alla sua originaria condizione di equilibrio universale, ove Conoscenza ed Essenza si fondono nell’Unità. Il Caos manifesto viene dunque mutato nell’Ordine immanente derivante dell’armonia con l’Assoluto (Ordo ab Chao).
Si realizza, quindi, in questo modo la Trasmutazione ermetica dell’Arte Reale, che è – prima di ogni cosa – un’arte della mente. E poiché l’Universo esiste nella mente del Tutto, la trasmutazione mentale ne modifica appunto le condizioni energetiche. Il perfezionamento dell’Individuo non si riduce pertanto a essere una mera realizzazione filosofica, ma rende lo stesso Maestro Segreto il punto di convergenza tra realtà differenti. Nel momento in cui entra in contatto con l’Energia contenuta nel Tempio, l’Iniziato Maestro Segreto medita su di essa, diviene parte di tale energia e ne riverbera l’armonia all’esterno, lavorando in maniera effettiva per il bene e il progresso dell’Umanità e rendendo ogni cosa giusta e perfetta.
Frœ Manlio M. MILANO
2)
Cari Fratelli,
vorrei sottoporVi, abusando della vostra indulgenza intellettuale, un paragone paradosso che, in questo contesto, potrà sembrare in odore di eresia, ovverosia la mistica del sacrestano.
Questi, di norma, era una persona semplice che si dedicava, sacrificando parte della sua vita, all’allestimento metodico e puntiglioso della Casa del Signore. Non necessariamente conosceva gli aspetti filosofico-morali più profondi della religione, anzi, sovente era di cultura modesta.
Si impegnava nel costruire, disfare e ricostruire situazioni, avvenimenti e coreografie, sentendo ripetere litanie e giaculatorie in un idioma che, sovente, neanche capiva, al fine di propiziare la miglior realizzazione della ritualità.
Agiva non ponendosi impossibili domande sul perché e il per come o sul fine ultimo, ma semplicemente, intuendo che, con il suo lavoro, avrebbe ottenuto un effetto sulla comunità tale da rendere a tutti gli astanti più agevole l’approccio all’ufficio della funzione.
L’ordine era il suo obbiettivo, l’armonia dell’insieme di ambiente, suoni, profumi, comportamenti e tempistiche rigorose, erano per lui – ribadisco persona semplice – l’unica via che lo potesse portare a intuire quella sensazione di benessere intellettuale simile alla gioia pura, alla pace interiore.
Nella cattedrale della sua mente, se tutto funzionava a dovere, penetrava un barlume della Luce Suprema.
Non era il nocchiero esperto che guidava la nave nei flutti oscuri, era l’umile carpentiere che aveva calafatato lo scafo con perizia e meticolosità. A suo modo percepiva nell’intimo la grandezza di una epifania del divino, di cui la sua umile opera era stata parte essenziale.
Se è vero che i Giusti e gli Umili, ancorché poveri di spirito, erediteranno la terra e vedranno Dio, mi piace pensare che un posto particolare in paradiso venga riservato ai sacrestani.
I Maestri Segreti sono come il Kim di Kypling, che serve il suo Lama di cui intuisce la megalopsukìa, la grandezza di spirito, anche se non riesce a capire come tale dote si riverberi nel mondo reale. il nostro lavoro è servire con dedizione e apprendere, giorno a giorno, non tanto dalle parole, ma dall’esperienza.
La chiave spezzata sarà come il bastoncino infilato nella ciotola piena d’acqua… sembrerà rotto a prima vista, ma è il nostro senso ad ingannarci. Dobbiamo vedere oltre il velo della mera apparenza.
Per noi, che abbiamo avuto in sorte il privilegio dell’iniziazione, allo stato di grazia che deriva dal sentirsi parte essenziale ed integrante della ritualità, in comunione con i Fratelli, si aggiunge la ricerca continua della Conoscenza attraverso la meditazione sul simboli e sul loro intrinseco e velato messaggio.
In quest’ottica da “sacrestani” ci trasformiamo in sacerdoti, nel significato etimologico di coloro che fanno il sacro.
Il Silenzio, la meditazione in umiltà, ma – vieppiù l’intuizione che ci deriva dalla frequentazione dei nostri lavori – diventano propedeutici al raggiungimento di una consapevolezza interiore che risulta difficile spiegare a parole. Così è, perché così percepiamo che sia. Potremmo definirla un’alchimia spirituale o che so altro, fatto sta che HIC MANEBIMUS OPTIME.
Frœ Ezio GAIOTTINO
3)
Nei Gradi Azzurri della Massoneria abbiamo imparato che non sappiamo né leggere né scrivere, ma solo compitare. Grazie alla continua pratica dei rituali abbiamo creato in noi l’assuefazione all’osservazione del simbolo prima e alla sua introspezione poi. Abbiamo intrapreso un percorso che ci ha portato a mettere in disparte la vanità della razionalità, “il fardello del sapere”, dischiudendo le porte del nostro io più remoto, per tentare di metterlo in comunicazione diretta con la Verità.
Il Silenzio del Maestro Segreto non indica una sua condizione o attitudine passiva, ma testimonia la sua predisposizione attiva ad abbandonare il viatico del pensiero razionale, che costringe l’Uomo a un movimento infinto nella sola dimensione orizzontale della Croce Universale. L’assenza di parola indica la continua tensione volta a rendere permeabile la propria coscienza, a entrare in una nuova dimensione di Conoscenza dove il soggetto conoscente e il soggetto conosciuto coincidono.
È compito del Maestro Segreto, nel silenzio e seguendo la rettitudine, quello di in-tuêri: letteralmente guardare dentro di sé. Solo così è possibile passare dalla dianoia ά ovvero la conoscenza razionale mediata dai sensi, alla noesi νόησις, ovvero la conoscenza intuitiva, finalmente discendendo e risalendo così lungo il braccio verticale della Croce Universale.
Solo guardando in profondità dentro noi stessi possiamo elevarci e cogliere il riverbero dello Splendore e della Verità.
Alla base della Piramide Scozzese, della quale mi pregio di fare parte, durante le tornate un gran numero di Fratelli, tutti Levìti (Sacerdoti del Tempio), pone in essere coralmente questo processo di introspezione individuale che diviene quindi collettiva, condividendone il metodo, e assorbendo ed insieme rilasciando la sorgente di energia che da questo promana. Questa energia divina, generata grazie all’esercizio collettivo dell’Arte Sacra è – a mio modo di vedere – qualcosa che non sarebbe possibile raggiungere individualmente con il medesimo grado di intensità.
La Massoneria Scozzese, nella Camera del IV Grado, unisce in uno spazio sacro uomini che – come abbiamo sentito poc’anzi – da semplici Sacrestani sono assurti, elevandosi, al ruolo di Sacerdoti (Levìti), “transmutando”, mediante il processo alchemico la loro energia interiore in Splendore Divino.
Sento aleggiare, qui ed ora, questa energia e nutro il profondo convincimento che ciò avvenga grazie alla presenza e alla partecipazione di tutti voi che adornate questa Camera.
Frœ Rodrigo ALBESANO
4)
Negli interventi precedenti, si è parlato di silenzio, di meditazione, di umiltà, di intuizione. Tutti attributi che fanno parte, come ben sappiamo, da sempre del corredo del buon Massone.
Il silenzio: ci ricorda quello dell’apprendista (la prima cosa che ci viene insegnata).
L’umiltà: è quella che ogni buon Libero Muratore deve avere per combattere e debellare l’Ego (uno dei metalli forse più difficile da abbandonare).
La meditazione e l’intuizione: quella del compagno prima e del maestro poi, che continuando a lavorare sul simbolo ne comprende il significato, ne intuisce l’essenza, l’assimila, la interiorizza.
Questa catena ci riporta al V.I.T.R.I.O.L., che con la sua logicità porta alla conclusione dei Piccoli e Grandi Misteri.
Ma allora cosa è che rende unico il Maestro Segreto? La sacralità consapevole del compimento di queste azioni!
Tutto è racchiuso proprio nel nome stesso: Segreto da “Secretum”, participio passato del verbo latino “SECERNERE” che significa separare; verbo composto a sua volta da “SE” che sta per sé e da “CERNERE” che significa distinguere, setacciare.
Ed ecco quindi che il Maestro Segreto deve imparare a setacciare il proprio Sè per andare oltre il semplice simbolismo (spesso velato) e comprendere che la chiave spezzata, raffigurata sul collare che indossiamo, forse non è spezzata, ma è solamente, come ha ricordato il Fratello prima, la rifrazione della cannuccia nell’acqua.
Una banale e semplice Intuizione, forse, ma che ci permette di andare oltre, di penetrare in quell’Urna, anch’essa posta sul collare, non a caso all’altezza del Cuore, per ricordarci il mezzo e il luogo in cui essa nasce.
Quindi, e qui concludo, Silenzio Interiore, non inteso come uno sterile mutismo passivo, come nel caso dell’apprendista, ma come un’azione volontaria, attiva che, via via sublimandosi, si trasforma in Intuizione permettendoci di permeare quell’energia splendente (ZIZA) che nella tradizione Scozzese Antica e Accettata è ben raffigurata in quella ZETA, posta nel quadro ai piedi dello scranno del Potentissimo Re Salomone.
Frœ Valter GARBARINI
Non vi è, in natura, nulla di più inquietante del Silenzio.
É più spesso in un fragore esplosivo che la Natura si genera, si modifica e si manifesta. Non vi è, in natura, attimo maggiormente inquietante di quello in cui i creati all’unisono tacciono. Quell’attimo che precede il divenire, in cui la natura sembra fermarsi per prendere il fiato necessario a fare un passo più in là. Anche noi, in quello stesso silenzio, ci prepariamo per la rigenerazione di noi stessi.
Spesso, da uomini, siamo soliti colmare il senso di vuoto che il silenzio ci trasmette, con musica e parole, a volte inopportune, troppo spesso non necessarie.
Dimentichiamo che i nostri pensieri maturano in silenzio, che un giorno ci siamo accorti in silenzio di essere divenuti uomini e che in silenzio i nostri figli se ne accorgeranno a loro volta, quando sarà il loro tempo.
Spesso, non abbiamo contezza che il silenzio interiore è un bene raro e prezioso, conseguenza di un’armonia interiore, che sovente ci sfugge. Che è quel silenzio che dobbiamo rincorrere.
Da LLœMMœ impariamo, con il tempo, che questo silenzio interiore non ci isola gli uni dagli altri, non ci impedisce di comunicare con i nostri Fratelli, anzi, ci permette di farlo a un livello superiore, più intimo e più profondo.
Impariamo che la parola più spesso è mendace, che ci confonde più facilmente del silenzio colmo di intese che lega due Fratelli.
Dimentichiamo, a volte, che per stare in silenzio insieme, occorre accordarsi e che è più difficile fare questo che sovrapporsi nel dialogo.
Perché ci vogliono comunione di intenti, visione comune, intimità profonda.
Perché questa strada non è solitaria.
Perché questa via è una via d’amore e d’amicizia.
Perché tutto scorre e non bisogna avere paura di cambiare.
Perché per esprimere davvero quello che sentiamo dentro quando lavoriamo nei nostri templi, non vi sono parole sufficientemente splendenti né suoni bastanti, ma solo il Silenzio.
Frœ Emanuele CARDELLINO
Saluto del Ven.mo Pot. S. G. C. Frœ Luigi MILAZZI
Breve Estratto della Comunicazione
«…Anche poche persone possono produrre una svolta nel corso degli eventi con la loro presenza, con la loro esemplarità, con la loro autenticità. Ho ascoltato, questa sera, Tavole molto importanti, che, a mio avviso, sono frutto di una meditazione, di un processo di trasformazione nei Fratelli che le hanno scolpite e presentate. L a Massoneria – e il Rito Scozzese in modo particolare – ci aiuta a sviluppare questo processo di miglioramento interiore e noi, progredendo, possiamo contribuire anche alla crescita di chi ci sta vicino, di chi ci segue.
Siamo pochi ma siamo in grado di svolgere il compito che da sempre ci è stato affidato dalla Storia.
In questo progetto, in questa nostra grande utopia – ma è la bellezza della Massoneria e del Rito Scozzese, di rappresentare una grande utopia – non vi è alcun desiderio di contrapporci alla modernità, di rallentare se non distruggere il progresso evidente, frutto dell’avanzamento della tecnologia, della comunicazione, dello sviluppo materiale della società. Piuttosto il contrario, noi dobbiamo impedire che questo progresso legato soltanto agli oggetti, alla “roba” – come si dice volgarmente – sia il fine unico verso il quale tende l’Uomo. Durante Medioevo, i Liberi Muratori hanno coltivato l’amore fraterno nelle Corporazioni, nelle Confraternite, nelle singole Logge; nei primi anni del Settecento, sono stati creati “nuovi contenitori”, le Logge – le Grandi Logge – che esistono ancora, codificando i principî, definiti riti e rituali, che sono la nostra ricchezza.
I rituali sono la nostra ricchezza. Leggeteli, dico sempre ai Fratelli, non soltanto ascoltateli, ma leggeteli anche… e troverete la spinta rivoluzionaria che c’è, per esempio, in certi gradi del Rito Scozzese. Dobbiamo coltivare i nostri valori tradizionali e universali, e darci mezzi per poterli esercitare senza alterarli, praticare il vero Umanesimo senza abbandonare le idee tradizionali o modificarle per soddisfare l’evoluzione contingente. Avendo ben presente che il vero Umanesimo – nelle parole di un grande filosofo francese, Alain – è quello di guardare al passato, che è abbastanza forte, per essere attuale.
Questo non altro è il lavoro che facevano i muratori nel corso dei secoli ed è ancora quello che dovremmo fare noi.
La tradizione delle grandi cose è di ritrovare lo spirito che le ha fatte. I Massoni, gli Scozzesi devono quindi mantenere i valori di base dello Spirito Universale e, per rendere efficace la pratica di questi valori, devono diventare – usando il linguaggio dell’informatica – un “hub”, un centro (traducendolo in lingua “nostra”), un elemento centrale che permette alla ruota… di ruotare, in armonia e in pace.
E con questo, che è anche un augurio, Vi invito a praticare e a rafforzare il Rito Scozzese. Io vi abbraccio tutti, fraternamente e calorosamente. Grazie. Grazie soprattutto per avermi accolto, grazie per avermi pazientemente ascoltato e grazie per quello che farete per il Rito Scozzese. Io da solo non posso fare niente; se voi non mi date una mano, non andiamo da nessuna parte. Abbiamo un grande progetto: non dimentichiamolo e non buttiamolo via. Datemi una mano: siate in una catena fraterna legati strettamente con me e con il Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico e Accettato».
Il Venerabilissimo e Potentissimo Sovrano Gran Commendatore, riferendosi agli appunti personali a sue mani…
«L’uso di questi fogliettini lo ho “imparato” da un Uomo, per cui ho sempre avuto una grandissima ammirazione (un’altra volta vi racconterò una storia anche su di lui), che si chiamava Luigi Einaudi – è stato Presidente della Repubblica – che non faceva ma lunghi discorsi, ma, in certe occasioni, inaspettatamente prendeva la parola dopo aver tirato fuori un bigliettino dalla tasca, facendo impazzire i giornalisti delle varie agenzie, perché poi se lo rimetteva in tasca e se lo portava via. Ecco, è una simpatica abitudine che mi piace copiare da un uomo così grande, che tanto ha fatto per il nostro Paese».
Torino, 6 giugno 2013