Abbiamo scelto di allestire il Tempio del Sovrano Tribunale Nazionale nella Città che è stata per più di un millennio capitale della Serenissima Repubblica di Venezia, che Francesco Petrarca nel 1321 in una lettera a un amico di Bologna così descriveva: «[…] quale Città unico albergo ai giorni nostri di libertà, di giustizia, di pace, unico rifugio dei buoni e solo porto a cui, sbattute per ogni dove dalla tirannia e dalla guerra, possono riparare a salvezza le navi degli uomini che cercano di condurre tranquilla la vita. Città ricca d’oro ma più di nominanza, potente di forze ma più di virtù, sopra saldi marmi fondata ma sopra più solide basi di civile concordia ferma ed immobile e, meglio che dal mare ond’è cinta, dalla prudente sapienza de’ figli suoi munita e fatta sicura».
Decisiva nella nostra scelta è stata però l’esistenza ancor oggi a Venezia di quattro grandi scuole (Carmini, San Giovanni, San Rocco, San Teodoro) di cui la più antica è quella di San Giovanni Evangelista in cui ci troviamo. Sono la continuità di quelle confraternite che nel tardo Medioevo ebbero un rapido sviluppo nell’Italia centro-settentrionale.
Definite con una varietà di termini: fraternità, compagnia, società, collegio e così via, a Venezia sono scuole, scola, dal latino tardo corporazione, compagnia. Da principio la parola denotava un locale, una sede di riunione di solito annessa a una chiesa, ma presto venne a indicare anche la confraternita come entità sociale e legale.
Le Scuole veneziane avevano un santo patrono, partecipavano a servizi religiosi e davano assistenza materiale e spirituale ai membri malati o bisognosi, difendevano interessi comuni ed erano governate da funzionari laici eletti. Tra le numerosissime confraternite esistenti con diverse caratteristiche di devozione e artigianali associate a una corporazione artigiana o commerciale, alcune assunsero un ruolo dominante fino a diventare le “Scuole grandi” (o Scolae Magnae), una peculiare creazione veneziana, sotto il controllo del Governo, e specificatamente del “Consiglio dei Dieci”.
Nel 1410 il Consiglio dei Dieci sanciva che in ogni Scuola Grande le quattro cariche principali fossero riservate a cittadini “originari” o “per privilegio”, e a questi ultimi solo se membri della Scuola da almeno vent’anni. Ai nobili, pur potendo essere membri della Scuola, era preclusa la possibilità di accedere alle cariche di governo della stessa.
Con l’andar del tempo le Scuole più importanti costruirono le proprie sedi: palazzi progettati talvolta da architetti di fama e ornati con dipinti dei migliori pittori del momento, che produssero alcune tra le più felici espressioni artistiche del periodo. All’entrata della Scuola abbiamo potuto ammirare la transenna marmorea, opera di Pietro Lombardo (1478-1481), capolavoro della scultura rinascimentale veneziana, in cui sono presenti in grande evidenza i simboli della Scuola e del suo patrono (la croce, l’aquila e i libri), e gli scaloni a due rampe disegnati da Mauro Codussi il più geniale tra i costruttori del Rinascimento lagunare.
Dopo la caduta della Repubblica di Venezia (1797), le Scuole furono soppresse per editto napoleonico, ma nel corso dell’Ottocento alcune, tra cui la Scuola di San Giovanni, si ricostituirono come fondazioni private.
Ci sono interessanti studi che cercano di chiarire come mai la Libera Muratoria si ricolleghi ai due Giovanni e specialmente all’Evangelista e come mai i liberi muratori delle logge medievali invocassero in occasioni storicamente documentate un Santo che non è tra i protettori ufficiali della corporazione. Certamente Giovanni, l’apostolo prediletto, autore secondo la tradizione del IV Evangelo e dell’Apocalisse, occupa un posto importante nella storia del Cristianesimo. Basti pensare che, proprio a conclusione del suo evangelo, è solennemente ribadita la funzione pastorale di Pietro, lasciando in qualche modo Giovanni fuori della sua orbita, come se gli fosse stata riservata un’opera speciale.
Con il suo evangelo la chiesa risolveva, come ha scritto un grande storico del Cristianesimo, Adolfo Omodeo, il complicato problema della fede con la speranza, della gnosi con la fede, e gli scritti giovannei costituiscono, dopo le lettere paoline, il secondo grande pilastro su cui poggia tutto il maestoso edificio del cristianesimo in quanto spiritualità dal quale emerge il filone della gnosi cristiana, che tanta importanza avrà nella nostra tradizione e nel pensiero libero muratorio in generale.
“Chi non pratica la giustizia non è da Dio, né lo è chi non ama il suo fratello” sta scritto nella prima lettera di Giovanni.
Il XXXI Grado, nel cui Tribunale siamo oggi riuniti per l’investitura di tanti ottimi Fratelli, è il primo grado della triade cui è affidata l’amministrazione suprema del R. S. A. A., ad esso è affidata in modo particolare la parte su cui riposa il concetto originario dell’equilibrio e della giustizia come regola universale. Il compito precipuo di vigilare perché tutti i Fratelli appartenenti al Rito Scozzese osservino la pratica della rettitudine, il culto della verità, della giustizia e della libertà e agiscano sempre con tolleranza e saggezza, in tutte le situazioni sia all’interno sia all’esterno.
Sono compiti molto impegnativi e difficili, oggi come lo erano in passato.
Già Catone lamentava che «I ladri dei beni privati conducono la vita in carcere e in catene; i ladri dei beni pubblici nell’oro e nella porpora», e Seneca ammoniva :«I delitti piccoli sono puniti, quelli grandi portati in trionfo».
Non di rado ai nostri giorni sono pure gli stessi delitti minori e comuni a restare praticamente impuniti, mentre l’impunità dei potenti, abilmente difesi e spesso protetti dalle lungaggini procedurali, dalle comode prescrizioni, dalle leggi ad personam, produce una sfiducia radicale nella giustizia da parte dei cittadini. Tutto ciò porta a una deriva della cultura della legalità, il cui esito è un diffuso atteggiamento di amoralità, di furbizia, di scarso rispetto per tutto ciò che è pubblico, di disprezzo per le regole, di perdita del senso dello Stato. Sale il desiderio di prepotenza e di prevaricazione, in un’atmosfera generale d’indifferenza morale e di egoismo personale.
Nel caso specifico della giustizia, che deve mantenere un primato da tutti altamente rispettato, è necessario vigilare di non cadere in due estremi altrettanto intollerabili, con l’applicazione di una giustizia astratta, implacabile, rigida e alla fine crudele, oppure nell’eccesso opposto di tolleranza che rendendo indifferenti le scelte apre la via al permissivismo, contrabbandato come generosità.
In passato la promessa di instaurare una società in cui regnasse la giustizia e l’uguaglianza , sostituendo la costrizione alla libertà e la violenza al convincimento democratico, degenerò in soluzioni mostruose d’ingiustizia e d’illegalità. Anche se la virtù può essere impotente senza il terrore, come asseriva Robespierre, nel suo discorso sui “Principi di morale e politica” alla Convenzione nazionale, il terrore non può mai accompagnarsi alla virtù e tantomeno alla giustizia, proprio perché è cosa funesta. Non dobbiamo però scoraggiarci se alle volte le parole degenerano alla pari delle realtà che rappresentano e che in nome della giustizia si attuino le più gravi ingiustizie e che in nome dell’uguaglianza assoluta, rigidamente attuata e imposta, si creino nuove schiavitù, e che in nome dei diritti prevalga quello del più forte.
Seppur delusi dalla realtà che ci circonda, non dobbiamo , però, mai abbandonare il nostro progetto ideale di una società migliore, fondata sull’uguaglianza e sui diritti, non dobbiamo accantonarlo come irrealistico, giustificando le prevaricazioni politiche e sociali, perché la vita è degna di essere vissuta soltanto se teniamo ben alti i nostri ideali e non abbandoniamo i nostri sogni.
Dobbiamo batterci con forza per la giustizia senza perdere il senso del realismo e del limite utilizzando quella dote naturale che è l’equità e quel dono spirituale che è la sapienza, ricordando sempre che:
“Il Progresso dell’Umanità è la nostra Causa, la Libertà di Pensiero il nostro Supremo desiderio, la Libertà di Coscienza la nostra missione, e la Garanzia di Pari Diritti per ogni persona in ogni parte del mondo il nostro obiettivo finale”.
Per il bene dell’umanità e alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo
Luigi Milazzi 33° SGC