Ven.mi e Pot.mi Sovrani Gran Commendatori e Delegati, Ven.mo Gran Maestro e Voi tutti, miei Carissimi Fratelli Scozzesi, ciascuno nel Vostro grado e dignità.
Esattamente fra dodici giorni, il prossimo 21 giugno alle ore 10,07, il sole – allo Zenit al Tropico del Cancro – raggiungerà, nel suo moto apparente lungo l’eclittica, il punto di declinazione massima ed avremo il momento di maggior luce perché sarà il giorno più lungo dell’anno nel nostro emisfero.
Non desidero tuttavia tediarVi con discettazioni astrofisiche, bensì richiamare la Vostra interiore attenzione – Massonica e Scozzese in particolare – sul significato esoterico di tale evento e, soprattutto, sul periodo che intercorre sino al suo verificarsi.
È un lasso di tempo che si protrae dall’istante in cui – Solstizio d’inverno – “le tenebre si sono sparse sulla terra”, sino quello nel quale – Solstizio d’Estate – “la Luce ha ripreso a brillare, le tenebre sono scomparse e la nuova Legge regna nei nostri cuori”, così come recita un Rituale scozzese.
Possiamo definire questo come il tempo della Speranza intesa non come debole sentimentalismo, ma come sostanziale momento di ragionevolezza perché, per poter sperare fattivamente, è necessario costruire istante dopo istante e noi, in quanto Liberi Muratori, dobbiamo nutrire questo impegno sia esotericamente sia operativamente.
Dobbiamo valutare il nostro futuro partendo da ogni minuto attuale affinché le nostre prospettive abbiano una positività e, conseguentemente, la Speranza che rappresenta l’oggi, avrà una sua base logica che ci proietterà nel futuro: così intesa, essa è una virtù, la virtù dei forti.
Il nostro Rito, in uno dei suoi Gradi più pregnanti, lo afferma con convinta forza: “Non ci resta che la Speranza. Disgraziato chi la spegnesse”.
Sovente, il concetto di Speranza viene inteso in senso negativo ed assume il sinonimo di debolezza, di paura per l’ignoto.
Nella mitologia greca, ritroviamo il mito del vaso di Pandora nel quale sono poeticamente descritte le vicende umane: la giara racchiude i “mali” che affliggono l’uomo e che, all’apertura del vaso ammorbano l’umanità.
Soltanto la Speranza, “Elpis”, rimane nel vaso per consentire all’Uomo di riempire nuovamente il contenitore, soltanto con energie positive.
Essa non è un sogno ad occhi aperti, come molti tendono a credere, ma un ben preciso atto volitivo per il conseguimento di un bene futuro che deve essere ben chiaro nella nostra mente e nel nostro cuore.
Non ha significato la Speranza se essa non coincide col nostro stato di Coscienza che possiamo acquisire grazie all’Iniziazione in un Ordine che si prefigge di condurre i propri Membri lungo una Via al cui termine è la Verità.
Questa è la nostra Speranza, la nostra motivazione.
Ed ancora i nostri Rituali, nel richiamarsi metastoricamente ai miti del tempo passato, ci rappresentano la mitologica araba fenice che, rinascendo dalle proprie ceneri dopo la morte, simboleggia anche il potere della resilienza, ovvero la capacità di far fronte in maniera positiva alle avversità, coltivando le risorse che si trovano dentro di noi, la Speranza appunto, la fiducia in noi stessi.
Dobbiamo essere consapevoli di affrontare, con flessibilità e senza rigidità, le sfide della vita, così come la Fenice che si prepara alla morte consapevole della rinascita.
Il nostro percorso, tuttavia, sarebbe del tutto improduttivo se non attuassimo un ulteriore impegno che abbiamo assunto nel momento in cui siamo stati ricevuti, costituiti e consacrati Maestri Liberi Muratori, superando l’ignoranza, il fanatismo e l’ambizione.
L’impegno che ci è proprio, in quanto Maestri e Fratelli del Rito Scozzese Antico ed Accettato è quello di promuovere una costante, consapevole espansione del pensiero massonico.
Poiché apparteniamo ad un Ordine Iniziatico ed in quanto Scozzesi, siamo obbligati ad unire alla continua ricerca interiore, un diuturno Lavoro che miri “all’abbattimento di tutti gli idoli, di tutti i pregiudizi, di tutte le superstizioni, di tutte le menzogne”, così come richiesto espressamente dal nostro Rituale del IV Grado.
Questa Ricerca che ci induce a “viaggiare da Nord a Sud, da Occidente ad Oriente” indica simbolicamente il percorso – non solo interiore – indispensabile per ripercorrere la Via della Tradizione intesa questa in una duplice accezione.
La prima, del tutto individuale, è la compiuta finalizzazione del nostro essere qui ed ora che consente, se effettivamente perseguita come Via Sapienziale, di pervenire al centro esatto del Sé inteso come Conoscenza ed acquisizione del Divino che è in ciascun Essere.
Il secondo significato pregnante della Tradizione, è insito nel termine stesso: il passaggio, la consegna come noi diciamo, “da bocca ad orecchio” ai Fratelli più giovani del nostro metodo esoterico per la ricerca della Verità.
È, indubbiamente, una trasmissione elitaria, tale non perché sia determinata da una differenziazione sociale, ma perché connessa al fatto che essa promana da una Iniziazione rituale che, da una generazione ancestrale, consegna a quelle successive, le memorie iniziatiche conseguite con metodologia esoterica.
Dobbiamo, è uno dei nostri impegni, trasmettere quanto abbiamo avuto la fortuna di acquisire ai giovani, agli uomini del domani affinché i nostri ideali di libertà, di fratellanza, di reciproco rispetto non vadano perduti.
Sono ideali immutabili nel tempo e, ciò nonostante, sempre attuali.
Prescindono dalle classi sociali perché non sono basati su presupposti temporali e di potere politico ed economico.
Questa deve essere la nostra speranza: nuove e convinte forze giovani, giovani Maestri, giovani Fratelli Scozzesi ai quali consegnare con fiducia il Testimone del nostro Lavoro.
Desidero accomiatarmi con le parole dell’ultimo premio Nobel per la Letteratura, che sinteticamente riassumono quanto ho tentato di esprimerVi:
“Essere giovani vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro”.
Ritengo che rappresenti il giusto connubio fra la Speranza ed i Giovani, una Speranza che costituisca il trampolino di lancio per i nostri nuovi Fratelli perché in essi deve continuare a vivere il Rito Scozzese ed in essi vivremo anche Noi.
Viva sempre nei nostri cuori e nella nostra memoria
“Deus meumque Jus”.
Leo Taroni 33° SGC