BALAUSTRA N. 3/DC

Cavalieri di tutte le Valli, ogni anno, approssimandosi l’equinozio di primavera, la tradizione vuole che io Vi proponga una Balaustra per comunicare, ricordare, trasmettere. Mi rivolgo a Voi, quale Sovrano Gran Commendatore del RSAA, per aprire, al transitare della verità, che è un “valer la pena di vivere” e con la responsabile consapevolezza che l’autorità deve sempre vegliare sulla coesione del gruppo. Tra apparenze, speranze e minacce, la necessità dell’esercizio è pari alla sua difficoltà, in ragione dell’interdipendenza di fatti sempre più numerosi e complessi, che mettono a dura prova la specifica cultura della nostra comunione, storicamente costituitasi e volta alla durata. A questo riguardo occorre precisare che, se l’attaccamento alle regole e il loro rispetto sono necessari per garantire la solidità delle Istituzioni, il nostro codice di “buona condotta”, inteso nel senso classico del termine, non può essere confuso con la lealtà passiva tipica dei sistemi autoreferenziali. Il nostro “viver bene” di Cavalieri, senza tradire la Tradizione, è un vivere nel presente e nel futuro. Se perenne e inguaribile è il nostro desiderio di racconti sull’origine e sul fine dell’umanità, mortali sono gli dei e deperibili i culti. Armati di un agnosticismo adulto e capace di coniugare “il pessimismo dell’intelligenza con l’ottimismo della volontà”, avendo rinunciato da qualche tempo al paradiso in terra, costruiremo sulla terra il nostro purgatorio: con impegno, senza complesso di superiorità e, se possibile, senza perdere il sorriso. E se non diverremo mai eroi coraggiosi da ammirare, il nostro disincanto aiuterà gli esseri umani a non prendere parte alla menzogna: “La società giusta è la pace mondiale in un ordine internazionale dove la dichiarazione universale dei diritti umani non è un requisito necessario”. Lungo il filo delle commemorazioni è stata costruita, a titolo decorativo e liturgico, una storia santa della croce laica: una sorta di calvario ascensionale, le cui stazioni sono divenute i nostri analgesici preferiti per consolarci e sopportare meglio l’implosione dell’ordine politico moderno in una nuova teologia, che affianca le vecchie e con queste si confonde. Oggi, di fatto, sono i mercati finanziari i veri depositari della sovranità non più rintracciabile nelle Istituzioni degli Stati-Nazione. Definita dalle “sette” differentemente, ora come “libera economia di mercato” ora come “capitalismo”, questa sorta di “teologia economica” ha imposto oggi la sua egemonia con i suoi preti, le sue chiese e con minacce d’inesorabili castighi. Questo nuovo oggetto di culto ha sconvolto l’intero spazio politico moderno e reso retorico il racconto di un governo definito dalla scelta razionale e volontaria dei cittadini. Nello stesso tempo la rivendicazione delle differenze rende i “precari” sempre più conflittuali e sempre meno governabili attraverso modelli universalistici.
Di fronte all’accelerazione della corsa al profitto, alla privatizzazione del mondo, al mondo globalizzato di concorrenza e di guerra di tutti contro tutti, al feticismo della merce nel suo stadio spettacolare, ci chiediamo se l’economia sia una scienza e se dispensa ricette neutre o influenzate da giudizi di valore. Nell’attuale momento di crisi è possibile rintracciare nella Massoneria un discorso vitale e utile sull’uomo e sul mondo? Quale ruolo può avere il punto di vista della nostra Istituzione? Può tornare a essere un punto di riferimento per un efficace cambiamento? Di fronte a un mutamento forse storico i Cavalieri non privilegiano il viaggio rispetto alla destinazione. L’avventura del Cavaliere Scozzese è di “ricostruire la modernità” dopo aver decostruito le forme plurime del mondo in trentatré vocabolari differenti che ruotano intorno a tre tesi centrali: “Le nostre credenze sono fallibili e, fino a prova contraria, consideriamo vere le più solide tra di esse”; “Tra le credenze considerate vere, oltre a quella scientifica, esistono forme conoscitive, legittime e autonome, concernenti le dimensioni della vita umana che vanno dall’introspezione all’arte, dall’etica alla filosofia”; “Un’aprioristica e obsoleta anti scientificità va respinta, ma non dobbiamo accettare uno scientismo acritico”. Affinché gli interessi di carattere generale muovano gran parte delle azioni individuali, è necessario perfezionare cinque qualità fondamentali: la competenza per comprendere, la volontà per resistere allo scoraggiamento, il coraggio per osare, l’empatia per sentire, l’altruismo per condividere. Questa sapienza pratica, che arroganti e sprovveduti chiamano vizio, eresia o, peggio, tradimento, procede per tentativi e aggiustamenti e mira a evitare che l’idea di patria degeneri in nazionalismo, la solidarietà in corporativismo, il cosmopolitismo in libera economia di mercato. Contro la teorie totalitarie o totalizzanti la nostra Tradizione scavalca i decenni. Così, nella contingenza, i Cavalieri non rinunciano alla solidarietà e, con disincanto ironico, operano per una società, se non più giusta, almeno più decente: “Non prendono parte alla menzogna” e ogni loro risposta sarà un’altra domanda.
Per il bene dell’umanità e alla gloria del R.S.A.A..

15 marzo 2012

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