Carissimi Fratelli Scozzesi, dall’apice della piramide, ove il vento soffia più forte, è consuetudine che il Sovrano Gran Commendatore periodicamente esponga il suo disegno perché ogni Cavaliere partecipi alla storia in corso. E’ questo il modo più adatto ad assumere, sulla parte, il punto di vista del tutto e, sul presente, quello dell’avvenire.
Diviso tra la necessità di comprendere e la tentazione di sperare, senza euforia, né malinconia, né mal celato orgoglio, e senza cedere al vano desiderio di compiacere, l’approccio sarà quello del fisiologo: nel modo più razionale, sistematico e rispettoso che vi sia. Da sempre, per assicurare la propria continuità, i gruppi umani hanno bisogno di un progetto che prenda in carico l’elaborazione simbolica e la trasmissione di tutto ciò che si rapporta al racconto di un divenire comune. Si crea, in tal modo, un immaginario collettivo ed una tradizione che determina, in larga misura, posizioni e comportamenti. Tuttavia la ricerca di una comunità in cui specularmente riconoscersi, per sottrarre la propria identità alla miseria del tempo e alla debolezza degli uomini, nasconde delle insidie: l’autismo collettivo magniloquente ed imprevidente, il narcisismo che trasforma in fantasma l’Io. In questi casi, rompere gli specchi o non lasciarsi sedurre dall’immagine di interezza, che essi riflettono, significa l’appartenenza ad una tradizione vera: ad una comunità che ha le sue radici nello spirito della ricerca e in una molteplicità di voci pronte ad intrecciare le loro differenze. La leggenda racconta di uno scienziato che, temendo di sconvolgere la propria visione dell’universo, rinunciò a guardare nel cannocchiale di Galileo. Invece, nei nostri rituali, la scala a due rampe di sette scalini ci ricorda che la tradizione non designa soltanto i contenuti, ma l’atto stesso del trasmettere: una funzione universale che, nel corso della storia, integra antico e nuovo, nostalgie e prospettive, cultura e tecnica. Altrimenti detto: si trasmette solo ciò che si trasforma. Perciò giova talvolta spostare l’attenzione dall’anatomia alla fisiologia, dai contenuti delle credenze ai meccanismi di trasmissione, dai valori ai vettori: “Ad augusta per angusta”! Questa geniale invenzione della penna di Victor Hugo suggerisce che anche le scale di servizio portano in alto. Scopriremo allora che i fatti di trasmissione sono dinamiche collettive variamente ordite da eventi interpersonali quali l’influenza, la persuasione, la fiducia, l’autorevolezza o il contagio imitativo. Per sottrarsi a queste ambiguità e prevenire il naufragio, non basta essere distaccati e previdenti, informati e selettivi, capaci di visioni alternative e di soluzioni applicabili. Occorre imparare a distinguere il metallo argentato dall’argenteria ovvero riflettere sul concetto di fraternità. Occorre pensare che la fraternità si annodi con una promessa, un atto di sacralizzazione. Poiché intorno al sacro esiste un recinto di protezione fatto di principi e di norme, il sacro scompare quando il recinto si cancella. Occorre pensare che ogni agire comune celi una relazione d’ordine, dunque un’asimmetria. Se una fraternità funziona, vi è una “fratiarchia”. Se questa scompare o esagera la fratellanza non funziona e si dissolve. Occorre pensare che la fraternità sia una fortificazione difensiva per vivere altrimenti. La fraternità che si vanta esalta l’apertura. Le fraternità che funzionano annodano i legami, mettono delle serrature e chiudono la porta per disciplinare l’entrata. Forse è solo a queste condizioni che ciascun Scozzese potrà portare il proprio mattone alla costruzione collettiva. A scapito dei pregiudizi, degli interessi e delle convenienze che qualunque saggezza anticipatrice non può fare a meno di colpire.
Con il rituale TFA auguro a tutti voi buon lavoro.