Entrando nel capitolo del Rito Scozzese Antico e Accettato, ci troviamo in una situazione deplorevole: il tempio materiale è stato distrutto e abbandonato. Ora non ci resta che costruire l’invisibile tempio spirituale.
Nel terzo grado massonico, vi sono indizi che fanno pensare che Hiram fosse Sommo Sacerdote del Tempio e custode del verbo impronunciabile, non solo architetto e Maestro degli operai. In alcune versioni del rituale, Hiram si reca nel Sancta Sanctorum del Tempio per pregare, cosa consentita solo al Sommo Sacerdote. La parola, che gli era stato rivelata, non era quello che dava accesso alla camera di mezzo, una parola di passo, che permette agli operai di ricevere il loro salario o un segno di riconoscenza. È una parola molto più importante. La parola, che si perse con lui, è una parola chiave, una parola il cui uso ha reso manifesto il vero ruolo dell’uomo. Si tratta di un verbo di creazione che rivela all’uomo il suo ruolo di co-creatore insieme a Dio.
A Gerusalemme, nel Sancta Sanctorum del Tempio, il nome veniva invocato dal Sommo Sacerdote una volta all’anno, nel giorno di Yom Kippur. Lo scopo dell’invocazione era quello di mantenere o rinnovare i legami tra cielo e terra, detti anche i sentieri della luce. L’invocazione del nome ineffabile rimaneva un segreto del Sommo Sacerdote, che gli veniva tramandato oralmente dal suo predecessore. Solo lui era stato iniziato sul modo in cui gestire questa parola. Sono le quattro lettere ebraiche Iod –Heh – Vav – Heh. Non si conoscono le vocali che perciò sono sostituite dalle vocali del nome divino, Adonaï, il Signore. Le tradizioni cabalistiche suggeriscono che l’invocazione potrebbe essere una meditazione durante la quale consonanti e vocali sono state scambiate, secondo il metodo combinatorio della matematica.
È al tredicesimo grado che i Fratelli scozzesi possono scoprire nella nona volta la parola perduta sotto forma di Tetragramma, che rimane ineffabile e non deve e non può essere pronunciata. Questa breve visione ci accompagnerà e ci guiderà lungo il nostro cammino.
Dopo la distruzione del Tempio, ci troviamo di fronte alla necessità di lasciare i percorsi abituali. Jean-Claude Mondet (Du chevalier d’Orient … au Chevalier Kadosch, 2009, pag. 116) ci ricorda che secondo la consuetudine gli uomini sono assunti durante la costruzione dell’edificio e superano se stessi per completare bene l’opera. Ma una volta realizzata l’opera, perdono ogni interesse a continuare. Gli uomini tornano quindi ai loro soliti errori: apparenza, ambizione, discordia … Ma la costruzione del tempio spirituale è un’altra sfida, perché non ci lascia mai soddisfatti. Non vediamo una struttura compiuta. Lo sforzo che ci viene richiesto è perpetuo e dura tutta la vita.
Accedendo ai gradi del Capitolo, il Cavaliere riceve di nuovo il compito di ritrovare la parola perduta. Ma, come ha detto Irène Mainguy (De la symbolique de chapitres an franc-maçonnerie, pag. 275): ‹Siamo portati a pensare che essa , in un primo tempo, non è ritrovata che simbolicamente, in una forma velata, restando il suo significato profondo sempre nell’ambito dell’incomunicabile.›
Il grado di Sovrano Principe Rosa-Croce di Hérédom segue una strada diversa e particolare. Hérédom è interpretato come eredità, cioè l’eredità dei Cavalieri Templari. La ricerca della parola perduta segue un concetto che rimanda alla Cabala, in particolare alla Cabala cristiana. In questo sistema, il Cristo è visto come il Più Alto Io dell’umanità. Il concetto è di ordine simbolico, un concetto simbolico che non possiamo contestare. Come ha spiegato Johann Reuchlin nel suo libro scritto in latino “De Verbo mirifico” (1494), il verbo miracoloso, il Cristo può essere visto come la natura liberatoria della Realtà spirituale. Gesù, Yeheshuah, è formato dalle quattro lettere del nome impronunciabile che è la vera realtà, l’Essere stesso, aggiungendo al centro la lettera sacra “Shin”. Shin è visto come una lettera che simboleggia il fuoco, il fuoco che ha la natura di liberare. Il fuoco brucia le scorie dell’imperfezione. Ciò che resta è oro puro, lo stato di perfezione dell’uomo, il vero uomo. Yeheshuah è un nome che è diventato pronunciabile. È al centro dell’uomo, il Messia, il Salvatore. Le cinque lettere Iod – Heh – Shin – Vav – Heh sono utilizzate nel grado di Sovrano Principe Rosa-Croce di Hérédom come la parola ritrovata. Durante la Cena che segue come terzo punto della cerimonia, viene bruciato un foglio di carta su cui sono scritte queste cinque lettere, in modo che il nome di liberazione dell’uomo torni al fuoco da cui è venuto.
Nel nostro rituale, la parola ritrovata si nasconde sotto le quattro lettere INRI. Esistono molte interpretazioni e spiegazioni di queste lettere, la più bella è Igne Natura renovatur Integra, ossia: la natura è rigenerata interamente dal fuoco. È significativo che queste quattro lettere siano introdotte in modo da poterle compitare, un metodo ben noto ai Liberi Muratori.
Il saggissimo: Da dove venite?
Il candidato: Dalla Giudea.
Il saggissimo: Da quale città siete passato?
Il candidato: Da Nazareth.
Il saggissimo: Chi vi ha condotto?
Il candidato: Raffaele.
Il saggissimo: A quale tribù appartenete?
Il candidato: Alla tribù di Giuda.
Il saggissimo: Datemi le iniziali di queste quattro parole.
Il candidato: I.N.R.I.
Nella tradizione dei Rosacroce c’è una rappresentazione che mostra il rapporto tra il cubo e la croce. Possiamo distendere le sei facce del cubo su un piano in modo da formare una croce. E spingendoci un po’ oltre, possiamo affermare che i quattro raggi che, in alcuni disegni, provengono dal centro della croce e hanno le quattro lettere INRI erano originariamente le quattro diagonali all’interno del cubo. Questo può simboleggiare la via dall’esterno al centro e dal centro verso l’esterno, alla ricerca di pace e di luce e per portare la pace e la luce al mondo.
Le virtù teologali
Abbiamo ricordato che ora dobbiamo costruire il tempio spirituale invisibile. Si dice che praticando tutte le sette virtù, il Massone costruirà il proprio Tempio spirituale e agirà sulla terra con coraggio, giustizia, prudenza e temperanza.
Il 18° grado ha riservato un ruolo particolare alle tre virtù teologali. Il cammino per ritrovare la Parola perduta, dopo aver viaggiato simbolicamente per 33 anni, è quello di conoscere i tre pilastri o colonne della Speranza, della Fede e della Carità. Al 18° grado siamo a metà dei 33 gradi. Troviamo le tre colonne finché ‹viaggiamo e vaghiamo nell’oscurità più profonda›.
Nel Rito Scozzese, la Fede non è certamente un’adesione ai dogmi. La fede è un atteggiamento dell’anima. È una fiducia primordiale nella benevolenza della vita. Serve da guida nell’oscurità e ci dà la certezza di essere sulla strada giusta. Dobbiamo essere sicuri delle nostre conoscenze per mantenere la stabilità durante i momenti in cui siamo assaliti dal dubbio e dall’angoscia. La fede deve essere ben fondata sulla ragione. La fede si manifesta anche nel giuramento che ognuno di noi ha prestato individualmente. Il giuramento prestato volontariamente stabilisce il legame con l’Ordine ed è la base della fedeltà. Così la Fede si esprime con l’obbedienza alla regola dell’Ordine senza per questo dover alienare la libertà di pensiero. E la Fede è essenziale per mantenere la convinzione circa la perfettibilità e il progressivo miglioramento dell’uomo che rappresentano il cuore della Massoneria. Le conseguenze sono espresse molto bene da Irène Mainguy (ibid. pag. 231.): ‹L’impegno del Cavaliere Rosa-Croce può essere definito come un dialogo dinamico tra fede e intelligenza. La luce si manifesta in maniera implicita ed esplicita nella fede, anche se quest’ultima può essere apparentemente velata. … La fede è l’intuizione dell’amore nella ricerca della Verità.› Può vedere con gli occhi della mente, per riprendere una magnifica idea di Platone. La Fede ci ha condotti alla porta del tempio della Massoneria e attraverso i gradi del Rito Scozzese.
L’altra virtù, la Speranza, è proiettata verso il futuro. Sappiamo che l’uomo non può vivere né sopravvivere senza la speranza. Andrebbe verso il suicidio. Nell’oscurità delle nostre ore orribili, la speranza attende la luce dell’alba per farci riprendere le forze. È ben consapevole che siamo pellegrini alla ricerca di valori più o meno vaghi. Sappiamo tutti di essere sempre sottoposti a delle prove, soprattutto della nostra perseveranza. La speranza deve restare viva per permetterci di seguire la nostra strada e di raggiungere la meta che è ben radicata nella nostra fede. Ci accompagna alla ricerca della verità, ma anche della felicità e della serenità, e della saggezza.
Infine la Carità. L’amore di Dio, l’amore del prossimo, è un’espressione della Legge. L’amore dell’uomo è il riflesso dell’amore di Dio per gli uomini. Spinoza ha trovato parole imperiture (Etica, 36a proposizione dell’ultimo libro): ‹ L’Amore intellettuale della Mente verso Dio è lo stesso Amore di Dio, cioè l’Amore con
cui Dio ama sé medesimo: non in quanto Dio è infinito, ma in quanto egli può esprimersi, o spiegarsi, mediante l’essenza della Mente umana considerata nella sua peculiare eternità: vale a dire, l’Amore intellettuale della Mente verso Dio è una parte dell’infinito Amore col quale Dio ama se stesso.› L’amore è unità, ricerca dell’unione.
Vorrei concludere con le parole di passo del Cavaliere Rosa-Croce.
Qual è il vostro nome?
Il buon pastore Emmanuele. Che significa Dio è con noi, o anche in noi.
Pax Vobiscum – La pace sia con voi.
Ritroviamo la pace dentro di noi e restituiamola a un mondo che soffre, che vuole uscire dalle lotte e dall’oscurità e aspira alla luce, all’amore e alla pace.
Ven. Pot.mo S.G.C. Fr. Eberhard Desch, 33°, Supremo Consiglio della Germania