Abbiamo voluto raccoglierci a Palazzo Vecchio, non per ricordare, perché Dante Alighieri non si ricorda per chi come noi intende seguire la virtù e la conoscenza. E’ una guida importante e ben presente nel processo di perfezionamento che abbiamo liberamente scelto. Per questo motivo abbiamo deciso di parlare di Dante nostro contemporaneo nella sua Firenze. Sarà banale, ma noi crediamo nel valore delle emozioni. Non possiamo dimenticare che nel 1888 in questo palazzo, nella sala Leone X, veniva fondata la Società Dantesca Italiana. Tra i fondatori furono Giosué Carducci e Pasquale Villari, ambedue membri del G. O. I. e Carducci 33° grado del Rito Scozzese.
Ringrazio in modo particolare il fraterno amico Gianni Puglisi che ha dato forma e contenuti a questo nostro progetto e i relatori del Convegno:
Prof. Marco Santagata dell’Università di Pisa
Prof. Lino Pertile dell’Università di Harvard
Prof. Gian Mario Cazzaniga dell’Università di Pisa
Un saluto e un ringraziamento particolare al nostro Gran Maestro che ha accolto il nostro invito e ci onora della sua partecipazione a questo nostro X Convegno Nazionale.
Tempo fa conversando con un giurista tedesco, che parla correntemente diverse lingue e comprende l’italiano, mi ha confidato di avere studiato la Divina Commedia nel testo originale. E ciò mi ha fatto naturalmente molto piacere. Qualche mese dopo questo nostro incontro, nella Basilica del Bode Museum di Berlino, si è svolta la cerimonia di conferimento del Premio italo-tedesco per la traduzione letteraria nel corso della quale è stato consegnato il premio postumo a Hartmut Köhler, per la sua traduzione in tedesco della Divina Commedia, pubblicata tra il 2010 e il 2012. Sono semplici coincidenze.
Nell’Europa medievale, la sintesi di cristianesimo e di romanità era avvenuta in una situazione geopolitica profondamente mutata rispetto all’impero dei Cesari che comprendeva parti dell’Asia e dell’Africa settentrionale. Il dominio di Carlo Magno non poteva corrispondere a quello degli imperatori romani “Poscia che Costantin l’aquila volse” e neppure lontanamente all’Europa di oggi anche se importanti sono le affinità spirituali e culturali che accomunano i popoli europei, dove un tedesco legge Dante nel testo originale e un italiano dovrebbe leggere Goethe ed entrambi conoscere Shakespeare.
Vi è nel nostro passato un avvenimento che segnerà profondamente la storia dell’Occidente e che Dante riassume in una famosa terzina: “E quando il dente longobardo morse/ la Santa Chiesa, sotto le sue ali/ Carlo Magno, vincendo la soccorse” (Par. VI, 96-97.)
Nella Divina Commedia vi è una elevata spiritualità religiosa, e dal punto di vista della dottrina cristiana, Dante è assolutamente ortodosso e umilmente rispettoso dell’Autorità ecclesiastica, anche se questo non ha impedito che l’opera venisse bruciata come libro eretico, e venisse poi posta nell’Indice dei Libri Proibiti. Ripensamenti posteriori hanno fatto sì che Papa Leone XIII nel 1881 la togliesse dall’Indice e papa Benedetto XV dedicasse al poeta una enciclica nel VI centenario della morte.
Noi liberi muratori del Rito Scozzese Antico e Accettato, Dante, lo sentiamo particolarmente vicino perché adopera nella sua costruzione della Commedia Divina tutti i materiali della scienza sacra e profana, le antiche tradizioni e i miti del mondo pagano che fanno parte della nostra Tradizione e arricchiscono i nostri rituali. Come ha scritto Francesco De Sanctis, anche lui libero muratore e membro del Rito scozzese, nelle pagine dedicate alla Commedia: «Il mondo pagano e la scienza profana sono quei materiali di costruzione, usati a edificare un tempio cristiano, a quel modo che colonne egizie e greche, si vedono talora nelle costruzioni moderne divenire simbolo e figure de’ nuovi tempi e delle nuove idee».
Perché l’opera non è soltanto un capolavoro di elevatissima poesia, ma è anche un’opera che contiene un profondo messaggio morale, che si rivolge a tutti gli uomini, di ogni tempo e di ogni luogo, e questa sua universalità spiega, in parte, l’interesse per Dante da parte di letterati, critici e studiosi in tutto il mondo.
Un messaggio morale che esalta la giustizia, la libertà, la conoscenza. E non a caso, Dante celebrerà Catone, figura di somma rettitudine, personaggio incorruttibile, imparziale che oppostosi alla presa di potere di Cesare, preferì il suicidio piuttosto che assistere alla fine dei valori repubblicani di Roma, che aveva sempre difeso. Un suicida e un pagano, Catone, diventa per Dante il simbolo della libertà. E rivolgendosi all’uomo, che ha preferito la morte alla perdita della libertà, si presenta, attraverso la solenne affermazione di Virgilio, come uno che “Libertà va cercando, ch’è sì cara/come sa chi per lei vita rifiuta” (Purg I 71-72).
Il suo viaggio che parte dalla selva oscura è una ascesi verso la conoscenza; ne è forte testimonianza l’ episodio di Ulisse: “fatti non foste a viver come bruti/ ma per seguire virtute e conoscenza” (Inf XXVI 118-120), e il fatto di voler abbandonare salendo, i luoghi delle tenebre e dell’ignoranza: “Quinci su vo per non esser più cieco” (Purg XXVI 58 ). E’ una continua ascesa, una elevazione verso l’alto, verso la conoscenza, verso la luce.
Se nel Convito la sostanza è l’etica, nella Commedia «la sostanza sono le tradizioni e le forme popolari rannodate intorno al mistero dell’anima», tanto che l’opera fu apprezzata dai dotti che la commentavano come un libro di scienza ed ebbe subito immensa popolarità perché «il popolo vedeva in quei versi quel medesimo che sentiva nelle prediche e devozioni e rappresentazioni».
Pertanto non basta rendere onore al Sommo Poeta e riflettere sulla grandezza letteraria e poetica della Divina Commedia, ma è anche necessario meditare sul messaggio morale, di cui l’opera è pervasa, ed anche, se possibile, cercare di far emergere e far conoscere quella ricchezza, ancora velata, quale traspare dai suoi versi: “Mirate la dottrina che s’asconde/ sotto il velame de li versi strani ” (Inf IX 62-63.).
Sui contenuti esoterici si sono soffermati molti commentatori come Ugo Foscolo che nel suo scritto “Discorso sul Testo della Commedia” ha affermato che il merito sommo e più occulto dell’opera stava nella sua architettura, soprattutto in quella nascosta. Giovanni Pascoli che ha dedicato tre scritti alla ricerca esoterica dantesca: Minerva oscura, Sotto il velame, la Mirabile Visione. In questi giorni è appena uscito il libro del nostro Gran maestro onorario Luigi Sessa, storico e studioso di valore, dal titolo “Dante e i Fedeli d’amore”.
E noi Scozzesi che ci onoriamo di riferirci alla tradizione dei Cavalieri del Tempio, leggiamo con commozione i versi con i quali Dante ricorda la loro tragica fine prevedendo il loro riscatto: “Veggio il novo Pilato sì crudele,/ che ciò nol sazia, ma senza decreto/porta nel Tempio le cupide vele. O Segnor mio, quando sarò io lieto/ a veder la vendetta che, nascosa,/ fa dolce l’ira tua nel tuo secreto?” ( P: XX, 91- 96)
Alla fine del viaggio, dopo Virgilio e Beatrice, la sua guida sarà Bernardo di Chiaravalle, già fatto santo dalla Chiesa, fondatore nel 1128 della Militia Templi. La luce è in Dante sinonimo di conoscenza, è la luce che sconfigge le tenebre e l’ignoranza: “Bernardo m’accennava e sorridea/ perch’io guardassi suso; ma io era/ già per me stesso tal qual ei volea;/ che la mia vista, venendo sincera/ e più e più entrava per lo raggio/ dell’alta luce che da sé è vera”. Vera perché ha in se stessa la ragione della sua esistenza mentre ogni altra luce è raggio o riflesso di essa. (Tomaso d’Aquino)
Nella terminologia della Libera Muratoria il massone è un uomo libero, di buoni costumi, che cerca la luce, parola che ritorna 81 volte nell’opera, dove il numero 81, potenza del 9, è altamente simbolico.
Celebrare come è doveroso il genio di Dante, nella sua città, a 750 anni dalla nascita vuol dire certamente rendere onore al Sommo Poeta e riflettere sulla grandezza letteraria e poetica della Divina Commedia, ma anche meditare e tener presente il messaggio morale di giustizia e di libertà, che fa del sommo Poeta un nostro contemporaneo.
SGC Luigi Milazzi 33°