Discorso del Past SGC Luigi Milazzi per l’Equinozio di Primavera 2016 Il Dovere del Rito Scozzese

Cari Fratelli Massoni del Rito Scozzese Antico ed Accettato,
in occasione della Festa Nazionale del Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico ed Accettato per l’Italia (1805 – 2016) desidero presentarvi alcune mie considerazioni.
Sono riflessioni che ho raccolto e maturato da molto tempo a partire da fine maggio del 2007 alla 48ma Conferenza Europea dei Sovrani Gran Commendatori di Europa e dei Paesi Associati che si è svolta per la seconda volta a Roma, a distanza di ventuno anni.
Nel 1986 ebbe luogo sotto la presidenza di Manlio Cecovini, e vi partecipai allora tra gli osservatori, mentre la seconda volta ero delegato, insieme al Gran Priore, Felice Gerbino, a rappresentare il Supremo Consiglio d’Italia.
Sono pensieri cui sono tornato molto spesso, in occasioni diverse, perché riguardano l’identità e gli scopi del Rito Scozzese, la sua storia, i suoi valori. Elementi tutti che devono rafforzare il nostro profondo sentimento di appartenenza e quindi una sempre più intensa partecipazione e adesione alle attività del Rito Scozzese e ai suoi Alti Scopi. Adesione che deve trasformarci in ambasciatori del Rito, impegnati in un’opera di proselitismo tra i Fratelli Maestri del Grande Oriente, suscitando curiosità e interesse per i contenuti storici, filosofici ed esoterici della piramide scozzese. Dobbiamo offrire a quelli fra loro che si sentono attratti da questa poliedrica realtà del Rito Scozzese e sono portati per preparazione e qualità del carattere ad affrontare questo complesso e arduo percorso iniziatico un’opportunità in più. Per fare ciò dobbiamo prima di tutto essere noi stessi ben preparati e convinti.

Spesso mi sono chiesto: «Che cosa offre il Rito Scozzese Antico Accettato ai Massoni?»
La mia risposta è stata sempre: «Qualcosa di più!»

La Massoneria presenta una caratteristica che si può definire unica rispetto a tutti gli altri sistemi di pensiero e di perfezionamento interiore. Essa sviluppa tutta una serie d’insegnamenti su temi fondamentali come la libertà, l’uguaglianza, la fratellanza usando il linguaggio della metafora, del mito, dei simboli.
Il Rito Scozzese, usando il linguaggio della Massoneria, e quindi con le metafore, i miti e i simboli, il Rito disegna una tela ancora più ampia rispetto a ogni altro sistema.
Esso non si limita, però, a offrire in questo modo un commentario più vasto e articolato degli insegnamenti che sono dati nella Loggia simbolica e che sono focalizzati in pratica su un solo tema, la costruzione del Tempio di Re Salomone.
Infatti, il Rito Scozzese si occupa della condizione umana nella sua interezza, e pone, quindi, all’interno di ogni suo grado lezioni pratiche di filosofia e di morale.
Passare attraverso i suoi gradi consente non solo di acquisire la saggezza necessaria per il proprio perfezionamento individuale, per la propria crescita iniziatica, ma di vivere anche tutte quelle esperienze e conoscenze indispensabili per compiere i propri doveri e affrontare tutte le situazioni anche quelle più difficili.
La prima lezione per chi sia passato dalla squadra al compasso e abbia conosciuto l’acacia, è la lezione della responsabilità personale e del dovere.
Il dovere, che è la grande legge del Rito Scozzese, è prima di tutto dovere di servire l’umanità, di operare in ogni circostanza per renderla migliore, così come il più nobile dei doveri che incombono ai Fratelli del Rito Scozzese è quello di costruire dei ponti, farsi pontefici nel significato più alto del termine latino, tra gli uomini e tra le nazioni perché possano essere superati i fossati tra razze e religioni diverse, ristabiliti l’equilibrio e l’armonia, estirpata la gramigna dell’odio e dei pregiudizi. Ivo Andric ricorda nel suo romanzo “Il ponte sulla Drina” una leggenda mussulmana antica.

«La curva della Drina è oltremodo angusta e le montagne ai due lati sono talmente ripide e avvicinate che sembrano un massiccio compatto, dal quale il fiume scaturisce come da una cupa muraglia. Ma qui le montagne si allargano improvvisamente in un anfiteatro irregolare, il cui diametro, nel punto più ampio, non supera la quindicina di chilometri in linea d’aria. In questo luogo in cui la Drina sembra sgorgare con tutto il peso della sua massa d’acqua, verde e schiumosa, da una catena ininterrotta di nere e ripide alture, si scorge un grande ponte di pietra, d’armonica fattura, con undici arcate ad ampio raggio. Questo ponte somiglia a una base dalla quale si apre a ventaglio tutta una pianura ondulata, con la cittadina di Višegrad, i cui dintorni, e le borgate distese sulla fascia delle colline, una pianura coperta di campi, di pascolo, di piantagioni di prugni, intersecata da siepi e quasi spruzzata di boschi cedui e di rade macchie d’abeti. In tal modo, guardando dal fondo del panorama, sembra che dalle ampie arcate del candido ponte scorra e si spanda non soltanto la verde Drina, ma anche tutta questa estensione, solatia e coltivata, con tutto quello che vi si trova e il cielo meridionale sopra (…).

Il mio defunto padre sentì una volta da šeh-Dedija e raccontò poi a me quand’ero bambino, da che cosa deriva il ponte e come venne eretto il primo ponte del mondo. Quando Allah il potente ebbe creato questo mondo, la terra era piana e liscia come una bellissima padella di smalto. Ciò dispiaceva al demonio, che invidiava all’uomo quel dono di Dio. E mentre essa era ancora quale era uscita dalle mani divine, umida e molle come una scodella non cotta, egli si avvicinò di soppiatto e con le unghie graffiò il volto della terra di Dio quanto più profondamente poté. Così, come narra la storia, nacquero profondi fiumi e abissi che separano una regione dall’altra. […] Si dispiacque Allah quando vide che cosa aveva fatto quel maledetto; ma poiché non poteva tornare all’opera che il demonio con le sue mani aveva contaminato, inviò i suoi angeli affinché aiutassero e confortassero gli uomini. Quando gli angeli si accorsero che […] al di sopra di quei punti spiegarono le loro ali e la gente cominciò a passare su di esse. Per questo, dopo la fontana, la più grande buona azione è costruire un ponte». (cap. XVI)

Sono passati tre secoli da quando i Liberi Muratori sono stati precursori dei movimenti che hanno predicato la libertà e l’indipendenza politica dei popoli nelle Americhe e in Europa, in Francia, in Italia, in Spagna, quando i popoli risposero al vibrante risveglio suonato della tromba intrepidi per la libertà, per l’uguaglianza e per la fratellanza. Come dalla stretta del duetto tra Riccardo e Giorgio nei Puritani di Bellini che infiammava ogni volta il pubblico: «Suoni la tromba e intrepido io pugnerò da forte: bello è affrontar la morte gridando libertà».

I massoni furono in prima fila.
Conquistata l’indipendenza politica, l’attenzione si concentrò sulla lotta contro l’ignoranza, il pregiudizio, la povertà. Anche qui i Liberi Muratori furono all’avanguardia nel sostenere l’educazione universale e l’eguaglianza, l’affermazione dei diritti umani, lo sviluppo delle cure e dell’aiuto sociale, la protezione dell’infanzia e degli anziani. Obiettivo fondamentale era lo sviluppo di tutto ciò che avrebbe potuto meglio assicurare la felicità e l’armonia tra gli uomini, che erano stati trascurati nei secoli dalle classi che avevano gestito il potere.
In questa gara di civiltà il Rito Scozzese è stato sempre al primo posto e grazie alla Piramide scozzese Ia Libera Muratoria ha potuto continuare in silenzio e nel segreto la sua opera educatrice e altamente umanitaria anche là dove le Logge erano state chiuse, la Massoneria proibita, la libertà calpestata.
Rimane ancora molto da fare.
Nella lettera ai Filippesi (2,15) Paolo di Tarso raccomanda: siate “semplici e puri, figli di Dio, irreprensibili in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale splendete come astri nel mondo, recando la parola della vita”.
E noi non possiamo che raccogliere questa esortazione che è antica di duemila anni, ma sempre attuale per chi come noi, Massoni del Rito Scozzese Antico ed Accettat opera per rendere gli uomini migliori e più felici con il proprio impegno personale, ma anche con il proprio esempio.

Luigi Milazzi 33° Past SGC

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