RICORDARE PER RISTABILIRE LA VERITA’

10 febbraio – Giornata del Ricordo
Il Giorno del ricordo è celebrato il 10 febbraio di ogni anno. Istituito con la legge 30 marzo 2004 n. 92 vuole conservare e rinnovare «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». La data prescelta è il giorno in cui, nel 1947, fu firmato il trattato di pace che assegnava alla Jugoslavia l’Istria e la maggior parte della Venezia Giulia.
Nella ricorrenza della prima giornata il Presidente Ciampi ha voluto rilevare che: «L’Italia non può e non vuole dimenticare: non perché ci anima il risentimento, ma perché vogliamo che le tragedie del passato non si ripetano in futuro. […] L’odio e la pulizia etnica sono stati l’abominevole corollario dell’Europa tragica del Novecento, squassata da una lotta senza quartiere fra nazionalismi esasperati».
La tragedia colpì le popolazioni della Venezia Giulia e della Dalmazia come un fulmine a ciel sereno al momento della crisi dello Stato in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943. Come precisa lo storico Paul Pupo, la maggioranza delle vittime non fu trucidata nel corso di una lotta per il controllo del territorio, essendosi in sostanza dissolte le istituzioni italiane. “Vero è invece che le autorità popolari appena costituite diedero l’avvio a una serie di arresti a tappeto, provvidero al concentramento dei prigionieri in alcune località specifiche – in primo luogo Pisino – ove fu costituito un tribunale rivoluzionario, celebrarono processi sommari ed eseguirono gran parte delle uccisioni di massa».
Se a cadere per prime furono le figure legate al partito fascista, responsabile della violenta oppressione contro la popolazione slava, il ventaglio dei bersagli fu molto ampio: Podestà, segretari comunali, insegnanti, farmacisti, carabinieri, fino alle guardie campestri e ai postini. Non mancarono gli episodi di propria rivolta popolare con aggressioni ai possidenti, incendio dei catasti insieme con episodi truci come le violenze e l’uccisione per infoibamento di ragazze italiane. Alla memoria di una di queste, la studentessa Norma Cossetto, fu concessa dal Presidente Ciampi la medaglia d’oro al merito civile.
Che non si trattava di episodi marginali, scollegati tra loro, frutto di una reazione alle vessazioni subite da parte fascista durante il ventennio, ma di un programma di conquista della Venezia Giulia, fu dimostrato da quanto successe nei primi mesi del 1945 quando il comando jugoslavo predispose il piano per occupare Trieste e giungere all’Isonzo, e decise tra l’altro di escludere l’impiego delle unità partigiane garibaldine. L’offensiva si concluse con una corsa per Trieste, dove gli Jugoslavi giunsero il 1° maggio anticipando di un giorno le avanguardie dell’VIII Armata britannica.
«Le modalità di gestione del potere nei territori sottoposti all’amministrazione jugoslava – scrive Pupo -, specialmente nella prima decade di maggio, ebbero effetti assolutamente traumatici sulla popolazione di sentimenti italiani». Si ripeterono arresti, uccisioni, deportazioni, criminalizzazione e persecuzione anche di antifascisti, quali i membri del Comitato di Liberazione Nazionale.
Il trattato di pace assegnò alla Jugoslavia gran parte dell’Istria, comprendente due centri urbani importanti come Fiume e Pola dove era pure alta la concentrazione della popolazione italiana e proprio da queste due città iniziò il grande esodo che si protrarrà fino al 1954 con la cessione definitiva alla Jugoslavia della Zona B, con Capodistria, di quello che avrebbe dovuto essere il Territorio Libero di Trieste.
Il dramma di quei tempi sono riassunti, come meglio non si potrebbe, dallo scrittore Giani Stuparich, volontario, medaglia d’oro, nella prima guerra mondiale:
«Erano i giorni più amari di Trieste e della Venezia Giulia, quando i potenti del mondo giocavano col nostro piccolo destino. Speranze e delusioni s’alternavano, si passava dall’esasperazione all’abbattimento e dall’abbattimento alla rivolta.
I cittadini camminavano per le strade smarriti, avviliti, guatando da ogni parte, se non fosse per sopraggiungere qualche sorpresa che li scotesse o li annientasse per sempre: I fuggiaschi di Pola e dell’Istria sbarcavano come storditi e s’afflosciavano sulle rive, accanto alle loro misere masserizie: E di giorno in giorno il pianto e il dolore che venivano di là, mettevano acido e fuoco nelle nostre piaghe» (Giani Stuparich, Trieste nei miei ricordi).

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