Giani Stuparich

Considerazioni in margine alla conversazione della prof.ssa Irene Visintini al Centro Studi Manlio Cecovini
Lo scoppio della guerra, nel 1914, aveva rappresentato per Stuparich il crollo degli ideali, coltivati fino allora, di cooperazione spontanea dei popoli che costituivano l’impero Asburgico, verso un obiettivo comune di civile convivenza. Tuttavia, di fronte a una politica che aveva portato al conflitto tra le grandi nazioni europee, si convinse, come tanti altri in campo democratico, che, l’intervento dell’ l’Italia a fianco dell’Intesa restava ormai l’unica possibilità per gli italiani della Venezia Giulia di realizzare le loro aspirazioni.

Aderì quindi alla guerra come a una necessità, pur rilevando la contraddizione irrisolta esistente tra i suoi ideali liberal-democratici e le aspirazioni nazionali che ormai potevano trovare soddisfazione solo in quel modo violento.

Il conflitto permise la realizzazione degli ideali nazionali, ma non venne mai mitizzato dallo scrittore, che, pur non rinnegando le motivazioni che lo avevano indotto a parteciparvi, tuttavia fu sempre molto fermo, per tutta la vita, nel denunciare le atrocità delle guerre e l’inutile sperpero di vite che esse comportano. A questo tema dedicò buona parte della sua opera memorialistica, narrativa e saggistica, come è stato ampiamente illustrato da Irene Visintini nella sua odierna conversazione al Centro Studi.

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