Il 15 marzo 1738 nacque a Milano Cesare Beccaria, figura di spicco dell’illuminismo italiano, universalmente conosciuto per il suo testo più famoso, Dei delitti e delle pene, scritto a soli ventisei anni nel 1764. Fu un saggio di importanza epocale, una vera pietra miliare per la storia dell’umanità, perché per la prima volta qualcuno si scagliava contro la tortura e la pena di morte. La separazione del concetto di crimine da quello di peccato e la lucida critica di strumenti di giustizia aberranti e disumani scosse le coscienze. L’opera ebbe grande successo e diffusione ed ottenne il riconoscimento e l’appoggio degli illuministi francesi e soprattutto di Voltaire, che profondamente convinto delle tesi sostenute da Beccaria, promosse la traduzione e la diffusione del libro. Ne furono influenzati grandi statisti come Thomas Jefferson, Benjamin Franklin, John Adams, l’imperatrice Caterina II di Russia e Pietro Leopoldo d’Asburgo, Granduca di Toscana. Con il “Codice leopoldino” la Toscana divenne il primo stato in Europa ad eliminare integralmente la pena di morte e la tortura dal proprio sistema penale. In questi giorni è stata presentato a Milano alla Fondazione Corriere della Sera il volume di Carlo Sconamiglio Pasini, L’arte della ricchezza, Cesare Beccaria economista. «Il bello di questo libro è che valorizza Beccaria come intellettuale completo», spiega Quadro Curzio, docente all’Università Cattolica. «Beccaria si trovava all’intersezione di almeno tre diverse correnti: illuminismo, umanesimo e liberismo: Una felice commistione che lo ha portato a sviluppare una sua personale (e avanzata) idea di economia: da un lato c’era il liberismo come intraprendenza dei singoli, dall’altro il buon governo della cosa pubblica». Alle doti gi giurista Beccaria univa quelle di economista, autore insieme a un altro grande illuminista dell’ambiente lombardo, Pietro Verri, di un saggio sul «disordine delle monete» in mancanza di una tavola di conversione unica che rendesse confrontabili le valute. Ricoprì importanti incarichi pubblici. Entrato nell’amministrazione austriaca nel 1771, fu nominato membro del Supremo Consiglio dell’Economia, carica che ricoprì per oltre vent’anni, contribuendo alla attuazione delle riforme promosse da Maria Teresa e dal figlio Giuseppe II.