Esoterismo, Segreto e Società civile: la via Scozzese nel mondo profano

La lettura del recente messaggio inviato a tutte le Valli dal Sovrano Gran Commendatore mi ha indotto ad alcune riflessioni sul tema del complesso rapporto tra persona esoterica e vita profana. La difficoltà di questa relazione, che talvolta rimane incompiuta, costantemente si pone – o si frappone – fra la nostra duplice esistenza di iniziati e di uomini nella profanità.

Dice un vecchio adagio che “la bellezza è nell’occhio di chi guarda”. Se ciò è vero, la nostra figura, il nostro ruolo di Massoni, ed ancor più di Scozzesi, nella cosiddetta società civile è quello che gli altri – i profani – sono in grado di attribuirci per quanto posseggono, nel loro “occhio”, di utile a giudicarci. E sarebbe tragico, se così fosse, ché ben sappiamo quale distorta immagine dei nostri Riti e del nostro agire sia comunemente anche se erroneamente diffusa. La leggiamo sulla stampa, nel web, la ascoltiamo nel dire dei profani. Se, invece, abbandoniamo il luogo comune e vogliamo spingerci verso una più galileiana e scientifica valutazione, possiamo ricordarci che il colore che percepiscono i nostri occhi non è nell’oggetto, ma nella luce che lo veicola. Aumentando l’oscurità, ogni colore, ogni diversità cromatica si attenuano fino a scomparire. E non solo: illuminando lo stesso colore con intensità diverse, l’occhio percepisce colori diversi. La mia soggettiva condizione di Luce differenzia la mia vista da quella di chi Luce non possiede o ne possiede in misura ben inferiore.

Parlare di Scozzesi visti dai profani significa mettere in equazione due categorie non commensurabili e provocare un difetto cognitivo che vizierebbe ogni altra considerazione che ne discendesse. Ma non per questo possiamo abbandonare il nostro essere Scozzesi nella società umana perché, se essa non è in grado di capire noi, noi dovremmo, meglio di chiunque altro, capire la società profana, avendola superata nei suoi limiti e nei suoi difetti, nella sua evidente – e finita – realtà sensibile. Cito qui il S::G:.C:. “il nostro substrato culturale è l’esoterismo, la scienza il cui possesso consente di penetrare ciò che sta dietro alle realtà sensibili, alle mere apparenze: le realtà nascoste”. Antoine Favre, che fu titolare della cattedra di Storia dell’Esoterismo cristiano nella Scuola Pratica di Studi Superiori di Parigi1, indica che “la storia umana nella sua interezza, possederebbe una faccia nascosta alla quale si potrebbe tentare di accedere”. Ad uso dei profani, potremmo dire che l’esoterismo è “la ricerca del segreto nella convinzione che esista, nascosto, in un’altra faccia della realtà2”. L’asserzione di un’altra faccia della realtà, del soprasensibile che è percepibile non tanto con il semplice atto dell’iniziazione bensì con il duro, costante, attento e partecipato Lavoro nelle Camere e nei Capitoli, questa anticipazione esoterica è stata dapprima avvilita dal positivismo scientifico e poi dall’attuale dominazione della tecnologia e dell’economia sulla scienza. Ma l’evoluzione del migliore pensiero scientifico dello scorso secolo – quello che è obbligato ad avvicinarsi ad una visione umanistica – ha reso onore all’intuizione esoterica: da Einstein in avanti, passando per Bohr, Bruce, Everett, Pauli, la possibilità di realtà esterne a quella del mondo visibile con gli occhi sono diventate possibilità scientifiche. Afferma un fisico come Colin Bruce, riferendosi alle teorie di Hugh Everett, di Princeton: “se gli si domanda , l’everettiano onesto si troverà a dover replicare: < sì, ci sono>3.

Noi sappiamo che il percorso di perfezionamento interiore ci spinge verso “concetti di ordine superiore e un principio originale superindividuale4” Dico ci spinge perché sappiamo che lungo è il percorso, ma impossibile è il raggiungimento pieno, totale di quei principi. L’impossibilità di possederli appieno, di renderli finiti e conoscibili, quindi spiegabili col tramite della scrittura e della verbalità, concede ad essi la qualifica di Segreti. Il Mistero massonico è incomunicabile. Ma, anche qui, al Segreto iniziatico viene data dai profani un’interpretazione strettamente materialista, concreta, pratica, spesso legata alle deviazioni pseudoesoteriche della politica, che ricava dal possesso del Segreto l’esercizio del Potere. Nel nostro Lavoro Rituale noi non pratichiamo il Segreto, noi facciamo retorica del Segreto. Non lo custodiamo possedendolo, ma lo cerchiamo sapendo che c’è.

Tale ricerca – qui è il collegamento meglio percepibile tra lo stato profano e quello iniziatico – è presente già nello stato profano, almeno come anelito vago e indefinito: mi piace qui ricordare i versi di Giacomo Leopardi:

Forse s’avess’io l’ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.

Per contro, in questo superamento della realtà sensibile, lo Scozzese, pur perfezionando sempre di più se stesso attraverso un “tragitto reso ancora più arduo dall’ineffabilità di esperienze sovrasensibili e dalla chiave ermetica di una lettura che necessita, a sua volta, di una ulteriore decrittazione5”, avrà cura di non cadere nella mistica dell’abbandono totale del mondo profano, nella rinuncia e della separazione da esso; non si allontana dal percorso del destino umano ma da esso si slancia verso altre mete ed ad esso ritorna per essere Scozzese e Massone in ogni sua azione quotidiana, pur senza “condurre l’Istituzione interamente sui binari della morale e del sociale6” Lo scopo di coloro che seguono questo percorso è di vivere tutte le fasi e gli aspetti dell’esistenza manifesta, profana, equilibrandola, spiritualizzandola, assorbendone l’Essenza; mi sia concesso dire: possedendola. Non un possesso della realtà in senso di potere schiavista, ma lo stesso dominio che ha il virtuoso del suo strumento. Il S:.G:.C:. ha scritto recentemente sull’innovazione: a mio parere l’innovazione è necessaria in quanto risposta al divenire del mondo profano ma sempre come strumento soggetto al Principio Tradizionale che non muta. Pertanto lo Scozzese è un servitore dell’evoluzione, nel senso che di tale strumento è virtuoso esecutore per far uscire l’ordine dal caos, l’armonia dalla discordia e di riportare le forme sbilanciate verso l’equilibrio.

Come agisce lo Scozzese nel mondo profano? La risposta sembra complessa ma è semplice allo stesso tempo: applicando i principi di Libertà, Uguaglianza, Fratellanza e Tolleranza. Questi sono i quattro lati che disegnano un perimetro oltre il quale non c’è più sensibilità massonica, un confine varcato il quale l’iniziato perde le sue caratteristiche sostanziali e si limita alla forma, ad agitare un grembiulino, a adornarsi di simboli vuoti, a definirsi con roboanti declaratorie. Egli non prova disgusto della profanità, ma piacere nella consapevolezza di averne superato i limiti, senso del dovere nell’arginarne i fenomeni più riduttivi e avvilenti, orgoglio nel seminare – dove può – simboli e tracce che potrebbero indurre altri a dare, all’anelito leopardiano testé citato, una soluzione iniziatica. Nei nostri giorni, con particolare riguardo alla Libertà, molto abbiamo da fare. Ricordo le parole del Fratello Franklin Delano Roosevelt: “La vera libertà individuale non può esistere senza sicurezza economica ed indipendenza. La gente affamata e senza lavoro è la pasta di cui sono fatte le dittature”. L’attuale società dei consumi e della tecnologia, che ha conferito al Mercato potere di vita o di morte sull’umana sudditanza, ha trasformato anche le facoltà umanistiche delle università d’Europa e del mondo intero in freddi sepolcri; non può essere seminato il germe del Pensiero solo dalle cattedre economiche. Noi sappiamo cosa significhi ciò: se la Parola è perduta, si interrompe la Tradizione; senza la supremazia dell’Uomo sull’Economia si interrompe la trasmissione della cultura e con essa, i sottesi e nascosti simboli che aprirebbero ai desiderosi le porte verso il Mondo Altro, Superiore. Lo Scozzese, nel mondo profano, deve impegnarsi a difesa della cultura e dell’insegnamento umanistici, come se difendesse la carta stessa su cui scrivere i libri, l’aria che respiriamo, la Luce che ci illumina. In futuro non potrà esserci Tradizione iniziatica se non avremo a chi trasmetterla. Ecco perché la nostra non è una scelta ascetica, di separazione dal mondo reale ma una permanenza nella profanità quali fari tra le nebbie di un mare in tempesta.

Voglio chiudere riprendendo la precedente citazione tratta da un lavoro del nostro compianto Fratello Filippo Foderà: colui – lo ricordo non solo ai nostri Ospiti ma anche a noi stessi – al quale, primo fra molti altri, l’Oriente di Ragusa deve la sua attuale vita iniziatica ed anche la fisicità dello spazio in cui lavoriamo. Afferma Filippo Foderà: “dobbiamo affrancare quelle interpretazioni… che tentano di condurre l’Istituzione interamente sui binari della morale e del sociale7”. Sintesi geniale: con un solo avverbio – interamente – il FR:. Foderà ha scritto un’intera Tavola. Il R:.S:.A:.A:. e con lui ogni Fratello Scozzese non possono preoccuparsi soltanto dell’azione profana, ma nemmeno è accettabile un percorso di tipo ascetico, separato e dimentico di ciò che avviene nel mondo e di come nel mondo deve agire il Massone: il perfezionamento interiore, quindi, non può né essere interamente autoreferenziale né dedicarsi interamente ai problemi sociali.
Auguro a Voi tutti ed a me stesso di poter raggiungere un così sublime e complesso equilibrio.

Fr:. F.S. 4°
Valle dell’Irminio, gennaio 2013.

1 A. Faivre: La parola “esoterismo” e i suoi usi, atti di un convegno alla Fondazione Cini, Medusa 2008.
2 G. Galli, Esoterismo e politica, Rubettino 2010
3 C. Bruce, I conigli di Schodinger. Fisica quantistica e universi paralleli, Raffaello Cortina, 2006
4 Cito sempre il S:.G:.C:.
5 F. Foderà, Il Diamante nascosto tra le Ceneri, Atti del Convegno “Principi fondamentali dell’insegnamento del RSAA”, Palermo 1987
6 C. s.
7 C. s.

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